Mouyama, chiamiamolo così, è un giovane uomo di 27 anni, proveniente dalla Costa d’Avorio,
terra infuocata. A Mouyama piace lavorare il legno, piallarlo, lisciarlo, lucidarlo, e trarre dalla sua materia oggetti
che poi vende ai turisti o ai negozi di arredamento.
Lo conobbi qualche tempo fa, quando era appena arrivato in Italia e stava attendendo la risposta alla sua istanza di asilo politico.
Aveva gli occhi cupi di un dolore intenso, ma accettò di raccontarmi la sua storia, a voce bassa, sussurrandola
in un misto di inglese ed italiano con accento francese,
Nel suo paese divampava una guerra civile,
ed una sera Mouyama ed i suoi amici avevano manifestato per diritti democratici insieme ai simpatizzanti del RDR, partito democratico.
Una manifestazione in piazza per chiedere più trasparenza.
Con lui c’era un amico, un attore, portabandiera del movimento:
si chiamava Yerefe, ma era noto come "H" al pubblico televisivo del paese.
Le squadre della morte lo attesero dopo il corteo, e la mattina dopo fu ritrovato il corpo di "H" massacrato dai machete.
Mouyama seppe dopo della morte dell’amico, perchè il suo quartiere venne messo a ferro e fuoco dagli squadroni della morte.
In quella notte le chiese vennero attaccate, i negozi bruciati, dei suoi cugini uccisi, lui fu sequestrato
e per molti giorni segregato in un pozzo.
A Mouyama vengono meno le parole, la voce diventa un rantolo.
Interrogatori, torture, dai suoi aguzzini apprende della morte dell’amico.
Le associazioni internazionali dei diritti umani in quei giorni alzano la voce, denunciano gli eccidi e gli arresti arbitrari.
Sei giorni dopo Mouyama viene liberato, lui stesso non sa perchè. Forse la pressione dei media si era fatta eccessiva,
forse la famiglia ha pagato un riscatto ai carcerieri, forse, dice lui, l’angelo che apparve al profeta mi ha aiutato.
Ma non può restare più in Cote d’Ivoire: un amico riesce a procurargli un biglietto, un falso passaporto, uno scalo a Parigi,
ma la Francia non è un luogo sicuro per lui, perchè gli squadroni cercano i dissidenti ivoriani proprio lì, per terminare il lavoro, dice.
Un lungo viaggio in treno e l’arrivo a Roma, la richiesta di asilo in un paese con una lingua straniera,
la vita per strada, come venditore ambulante, le notti trascorse in quello stabile in disuso vicino al mare,
il contatto con i volontari di una associazione per i diritti umani.
Sono passati solo pochi anni da quel racconto, e recentemente ho incontrato nuovamente Mouyama,
che ha ottenuto la protezione internazionale dell’Onu, e adesso ha un lavoro più stabile, una casa condivisa con altri rifugiati.
Ma da allora non ha potuto fare ritorno al suo paese,
nè avere notizie del padre anziano e del fratello. Mi sorride un po’ e mi dice nel suo italiano imparato con fatica che anche se li ritrovasse,
la nostra legge non gli consentirebbe il ricongiungimento.
Questo è il destino, dice ancora. Poi mi trattiene la mano e mi regala un braccialetto intrecciato di cuoio e perline.
Lo portano le nostre donne, mi dice. Io lo ringrazio ancora, commossa, e ci salutiamo,
ognuno perso nei suoi pensieri,
e al mio polso quel bracciale intriso di nostalgia e dolore sembra pesarmi come tutto il dolore del mondo…
(il nome Mouyama è inventato per rispetto della riservatezza della persona, mentre il riferimento ad H è veritiero, come tutta la storia)
che commovente….il peso di quel bracciale,che ti butta a terra,ti scava nell’anima..il dolore ti distrugge i pensieri..Un abbraccio tenero angelo..JackY
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il fatto è che nel mondo di Mouyama c’è ne sono troppi,e per quanto faremo o faranno saremo sempre qui a raccontare ogni volta purtroppo di un altro Mouyama.
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che dolce Creatura sei, col tuo modo di capire "tutto il dolore del mondo", vedrai , riuscirai un giorno ad aiutare qualcuno e alleggerire quel peso….. ti abbraccio
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Tutto il dolore e tuttol’amore del mondosono racchiusi in quelle perline e in quel cuoio …ha piu’ valore quel bracciale di un diamante …e sulle nostre leggi sorvolo … come sorvolo sui legislatorimi è appena passata la febbre .,..se ci penso mi torna ….bacio dolce angelo ….elisa
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Bellissimo restyling angelo ….colori d’africa ….caldi e luminosi …… quando ho visto il bocciolo di surfinia morto stamani, ho pianto …..per me che vivo di segni …. quello era il segno della fine ….appena saro’ guarita compreor’ un altro fiore …sorrido ….dolce notte angelo …. bacio …elisa
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Ciao Ben-ritrovata.Abbracci GiGi e Grazy Mel
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ci dimentichiamo troppo spesso che dietro quei volti stanchi e quelle mani ruvide si nascondono storie, storie come questa che sono tanto dolorose quanto abominevoli! e fanno indignare! Sembra ancora così difficile ma forse un giorno tutti i Mouyama del mondo avranno giustizia. Lo spero per loro e per tutti noi.
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