Archivio | poesia RSS feed for this section

La luce della Resistenza

25 Apr

In una lirica di Pier Paolo Pasolini sono condensati i valori della Resistenza e la speranza di pace e di giustizia di coloro che, come il fratello del poeta, sacrificarono la loro vita per regalare a noi posteri un mondo di libertà. Non dovremmo mai dimenticare di far brillare quella luce…

alba

Così giunsi ai giorni della Resistenza

senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l’ Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce……

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un’alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l’alba nascente fu una luce
fuori dall’eternità dello stile….
Nella storia la giustizia fu coscienza
d’una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.

Pier Paolo Pasolini, La Resistenza e la sua luce

Per la giornata della Terra

22 Apr

Da tempo sono convinta che siamo un unico complesso vivente, un grande giardino di piante e di animali, in cui la Terra è un organismo che ci ospita e che ci nutre. Gli indios la chiamano la Pachamama. La Pachamama è la madre di tutte le creature viventi, è nostra madre, noi siamo suoi figli; dobbiamo amarla, volerle bene, rispettarla. Perciò dobbiamo conoscerla e ascoltarne la voce. E ringraziarla.

Sono la Terra:

suolo di rocce e di cristalli,

brezza che forgia le colline,

immensi oscuri oceani,

pioggia che stilla

gocce d’argento dal suolo alle fonti

per calmar la tua sete.

 

Sono la cima che ti sfida con le sue fiere vette

e che ti rende dolce il ritornare a casa,

sono il mare rigonfio d’onde

 e di quesiti senza risposta.

 

Sono la Terra,

 la notte delle veglie sensuali e dei neonati affamati,

lo stupore dell’aurora rosata,

 il vento iemale delle fredde stagioni,

la foga della tempesta e del ciclone.

 

Sono la Madre di cui invochi il nome

cercandolo nelle memorie di una trama antica:

una donna di rara bellezza

generata da un mare sapiente,

un bambino dall’amore illimitato

venuto a salvare il mondo,

un uomo dall’anima grande

che parla di pace,

 

tutti  sulle mie sponde nati

e al grembo ritornati

dopo un giro di danza nei giardini,

cercando di squarciare il velo

che tace il segreto, oltrepassando la soglia del sogno: 

io sono la Terra.

 

 HARIELLE 

 poesia prima classificata al concorso letterario

“Sempre Caro” 2010 di Recanati

sezione tema ecologico

dipinti di Frida Khalo dalla mostra di Roma attualmente alle Scuderie del Quirinale

Ma non c’è carezza che non giunga fino all’anima

21 Apr

 

citazioni tratte da Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano

Immagini della villa di Adriano a Tivoli in un lunedì dell’Angelo 

L’anima non è dunque che l’espressione suprema del corpo,

fragile manifestazione della pena e del piacere di vivere?

O, al contrario, è più antica di questo corpo modellato a sua immagine,

e che, bene o male, le serve momentaneamente di strumento?

La si può richiamare all’interno della carne,

si può ristabilire tra l’una e l’altra quell’intimo legame,

quella combustione che chiamiamo vita?

 

 

Se le anime possiedono una loro identità propria,

possono scambiarsi, andare da un essere a un altro, 

come la parte d’un frutto,

come un sorso di vino che due amanti si passano in un bacio? 


Tutte le metafore ritrovavano un senso: ho tenuto quel cuore tra le mani (per la morte di Antinoo)

E non c’è carezza che non giunga fino all’anima.

l’anima…

 

Animula vagula blandula…

piccola anima smarrita e soave

compagna e ospite del corpo

ora t’appresti a scendere in luoghi incolori,

ardui e spogli

ove non avrai più gli svaghi consueti .

un istante ancora

guardiamo insieme le rive familiari

le cose che certamente non vedremo mai più…

cerchiamo d’entrare nella morte a occhi aperti…

Publio Elio Traiano Adriano

 

In loving memory di Gabriel Garcia Marquez

18 Apr

“Il colonnello Aureliano Buendía comprese a malapena che il segreto di una buona vecchiaia non è altro che un patto onesto con la solitudine” (cit. da Cent’anni di solitudine)

garcia_marquez

Da pochi minuti ho appreso che l’autunno del patriarca della letteratura sudamericana, Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel e grande scrittore, si è concluso. Una vita lunga, 87 anni, coronata di successi e di lotta, l’ultima delle quali contro la malattia.

Amo moltissimo Marquez, da quando, anni fa, lessi “Cent’anni di solitudine”, che considero il suo libro più bello. Per me, lettrice accanita, è il libro più bello che abbia mai letto. Intriso di magia e malinconia, fiabesco e nello stesso tempo crudo, ci trasporta in una dimensione magica e nello stesso tempo realistica. I personaggi dei romanzi di Gabo sono tutti sopra le righe. La famiglia Buendia in Cent’anni di solitudine, la vicenda amorosa di Florentino e Fermina, ne L’amore ai tempi del colera, la morbosa e tormentata atmosfera di Dell’amore e di altri demoni, il ritratto di Simon Bolivar in Il generale e il suo labirinto, L’autunno del patriarca, e tanti altri.

Ritratti di donne e uomini avvolti nelle spire della vita, che è un po’ cruda realtà, un po’ incantesimo.

Ci lasci i tuoi scritti, le tue parole, la tua memoria.

Adìos, Gabo, e grazie ❤

Contavo di rileggere presto Cento anni di solitudine, lo ricomincerò oggi stesso, forse è l’omaggio più bello che possa farsi ad uno scrittore che se ne va- E il generale nel suo labirinto oggi ci ha lasciati.

We are such stuff, as dreams are made on

18 Apr

Questo post è dedicato al sogno, ed il titolo è un famoso verso di Shakespeare che può essere tradotto in “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”. La frase è pronunciata da Ariel della Tempesta, lo spiritello dispettoso servo del mago Prospero, e sottolinea che, quali esseri umani, non possiamo fare a meno di sognare.

Ma c’è spazio per i sogni nella nostra vita odierna? Spesso siamo così presi dagli impegni di ogni giorno che al mattino, appena aperti gli occhi, dimentichiamo i lievi sogni che di notte ci hanno accompagnato. Eppure il sogno esiste, impalpabile cortina che somiglia vagamente al velo di Maya, che ci dà l’illusione di carpire un segreto che appartiene all’inconscio profondo dell’umanità.

Il sogno affascina l’uomo dall’antichità: l’arte di interpretarne il significato è antica quanto la storia. Già i Sumeri, seguiti dai Greci,  praticavano l’arte dell’incubazione, consistente nel dormire in un bosco sacro agli dei per fini propiziatori o augurali. Nella Bibbia, ma anche nel Corano, le diafanie, apparizioni divine o le profezie degli angeli, avvengono spesso in sogno. Per la psicanalisi freudiana sono  fantasie rimosse dall’area della coscienza durante il giorno, ma che vengono rappresentate come in una specie di teatro durante la notte.

Tutto sommato, non siamo che sostanza impalpabile, rivestita volta di illusioni o di utopie, talvolta fortificata da convinzioni e da  speranze, ma sempre sogni siamo….we are such stuff as dreams are made on… ed il sogno più bello da svegli è la poesia.

 

Noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e

la nostra breve vita è circondata dal sonno

(Ariel della Tempesta)

 

Oh, notte beata! Temo che, essendo di notte,
 tutto questo non sia altro che un sogno, troppo dolce e troppo
lusinghiero per esser fatto di sostanza reale
                                                                                                          (Romeo)

 

Mio Dio,  potrei essere confinato in un guscio di noce,

e considerarmi il re di uno spazio infinito ,se non facessi brutti sogni
 (Amleto)

 

SOGNI D’ORO…CHE SIA NOTTE O SIA GIORNO  😀

Terrazza sul Pincio

14 Apr

Una poesia che mi colpisce sempre, ogni volta che la leggo, e che dedico alla bellezza della mia città di adozione, Roma, e alla bellezza del Pincio, che tutte le volte che lo percorro mi fa pensare ai libri, ai versi dei tanti autori e pittori che lo hanno immortalato…

Dai viali, a fiotti, corre sullo spiazzo
una fragranza amara d’oleandri.
Roma, immensa, s’abbuia a poco a poco,
sfiorata di rintocchi. Non un volto,
né una voce, né un gesto afferro intorno:

solo l’anima tua, solo il mio amore,
sbiancato dalla tua purezza. In breve,
nel cielo smorto di sfrenata attesa,
proromperà un rimescolio di stelle.

Versi di Antonia Pozzi, Roma, 27 luglio 1929

dipinto di Ippolito Caffi – foto di Carlo Magni

Venne, visse

28 Feb

Dedicata alla vita che trasforma e che insegna

Ad ogni ruga che si aggiunge allo sguardo, ad ogni esperienza che ci arricchisce

Ad ogni speranza.

That’s  about my life

 

Venne, visse
s’infranse giovinezza come onda sul limo
e dalla vita 
frantumata come spuma fu

Così l’amore che come un dono raro 
venne a visitarmi
abbandonò la casa della mia anima 
e mi lasciò
un corpo non più perfetto
un viso reticolato di dubbi e di perchè

e una mente superba che tutto comprende
anche se non sa accettare
il tempo che va

Harielle 

dipinto di Edward R. Hughes, the Valkyrie ‘s Vigil

 

Quando un paese uccide i suoi poeti

16 Feb

L’Iran,il paese delle Mille e una Notte, opera adesso bandita perchè immorale. Il paese della mia amica pittrice Leila, con cui scambiamo appassionate storie sulla letteratura e sulla poesia. Un paese  che calpesta i diritti umani e uccide i poeti.

Il 27 gennaio è toccato a Hasheem Shaabani  di 32 anni, un arabo-iraniano di Ahwaz, nel sud est del Paese. Il poeta, noto per i suoi versi pacifisti, è stato accusato di aver “seminato la corruzione sulla terra”. Lui, accademico, padre di famiglia, figlio devoto che si prendeva cura del padre, un veterano rimasto ferito durante la guerra contro l’Iraq .

Ma di cosa era colpevole  Shabaani? Nella provincia di Ahwaz, a maggioranza araba,  la Guardia rivoluzionaria è stata messa alle corde dagli attentati per più di due anni. Il risultato è trovare un capro espiatorio. Un poeta che siccome scrive in arabo è accusato di essere un sovversivo.

“Io ho cercato solo di difendere il desiderio legittimo che ogni popolo dovrebbe avere cioè il diritto a vivere liberamente nel pieno dei diritti civili. Non ho mai usato un’arma per combattere contro i crimini atroci tranne la penna” ha ripetuto Shabaani ai suoi carcerieri. Ecco una sua rara foto:

Quando la penna è considerata più pericolosa delle armi, quando vengono uccisi i poeti, dovremmo chiederci cosa stiamo costruendo, in questo mondo.

E questi sono stati gli ultimi versi di Hasheem Shaabani prima della condanna:

“Per sette giorni hanno gridato contro di me/

Tu stai facendo una guerra ad Allah/

Sabato: perché sei un arabo/

Domenica: perché sei di Ahwaz/(…)

Martedì: ti fai beffe della Sacra Rivoluzione/

(…)Venerdì: sei un uomo, non basta questo per morire?”

Così a testa alta muore un poeta, ma questa non è una consolazione. E l’immagine degli impiccati che circola nel web non solo fa rabbrividire, mette rabbia al mondo, quel mondo che prima o poi porterà il conto agli assassini.

Gennaio, esce il mio libro di versi

18 Gen

(dipinto di Azadeh Soofi)

E gennaio, il mese del risveglio dell’inverno e delle nevi, è in transito tra ondate di scirocco e piogge, con temperature che sembrano richiamare la primavera. Ed a gennaio è uscito  dalle stampe il mio libro di versi. Una pubblicazione non a pagamento presso una piccola ma coraggiosa casa editrice, una silloge che racchiude alcune tra le poesie che in questo momento ritenevo più significative: alcune risalgono ai tempi del liceo, come quella che dà origine al titolo, altre sono recenti, come questa qui, Gennaio, scritta appena due anni fa. L’ho intitolato “Se il tempo concedesse mai riposo”, dal titolo di un’altra poesia che posterò prima dei commiati.

GENNAIO

Non sapevo che fossi di vento,
Di ghiaccio e neve sporca,
Anima mia
Nata nel sole e nel salmastro,
E che le mie mani infreddolite
Non avrebbero potuto porgerti
La coppa d’alabastro dell’amore.

Furono petali di brina
Le rose bianche
Che spargesti sul mio seno?
Vorrei tenerle ancora strette
Tra queste mani sole
Gelide come aiuole
Sfiorite a gennaio
Morte di nostalgia
Quando tu sei sparito
Nel bianco inverno dei ricordi.

se-il-tempo-concedesse-mai-riposo_ copertina1_2

SE IL TEMPO CONCEDESSE MAI RIPOSO

 Persa ormai la speranza

Che un paradiso mi accolga

Vagabondo alla luce

Di una breve fiammella.

 

Se il tempo concedesse mai riposo,

Gli chiederei una nuova verginità

Fatta di mente e di silenzio,

 

Ma la sua macina gira lentamente

E polverizza il grido del poeta

Che basso cade, e non ha requie

Il mio tormento, e non ha requie.

 

Ormai

Non ho più anime

Da consacrare al silenzio

Ecco, volevo condividere con voi un momento di serenità…vi abbraccio tutti!

ps: la copertina del libro rispecchia molto il mio intimo essere 🙂

Il vostro Angelo Harielle

cropped-cropped-imanangel.jpg

In memoria di Lou Reed

2 Nov

Esistono icone della musica

personaggi che ti hanno accompagnato

lungo la tua adolescenza

e che ti hanno affascinato con i loro versi,

le loro canzoni

Sembravano immortali

e ci mancano, adesso, ora che abbiamo capito

che siamo noi stessi gli dei.

Addio, Lou Reed, cantore dei sogni,

sei solo andato a vedere cosa c’è nel lato selvaggio, 

come nella tua canzone più famosa.

What good’s a war without killing
What good is rain that falls up
What good’s a disease that won’t hurt you
Why no good, I guess, no good at all

Life’s good, certamente, Lou, la vita è una bella cosa,

ma non troviamoci un senso:

siamo pazzi a cercare una consolazione.

I nostri cari ci lasciano,

sopravvivono per poi morire giovani in una mattina di neve..

“Ee eccoci qui, ancora soli”.

That’s what life’s like without you