Archivio | Viaggi RSS feed for this section

Raccontare la Shoah

27 Gen

Visitare e descrivere Auschwitz e Birkenau è  come ricevere  un colpo al cuore.

Si parte credendosi preparati all’orrore che ci aspetta, forti di anni di conoscenze letterarie e di visioni di film e documentari storici sull’argomento. Ma appena varchi quei cancelli, entri nelle baracche, accedi ad una dimensione diversa.

A8

I forni crematori, le camere a gas, i fili spinati, i muri delle fucilazione, gli angoli della tortura, i laboratori di sperimentazione sui bambini e sugli adulti, le celle di segregazione e quelle per i prigionieri collaborazionisti, le torrette di guardia da cui non si fatica a immaginare un bieco cecchino affacciato.

 

 


E, spogliati di ogni dignità, brandelli di umanità : uniformi a righe, vasellame, occhiali, abiti maschili e femminili e scarpe, tantissimi paia di scarpe, ammucchiate dal pavimento al soffitto. Sono queste ultime nel silenzio a fare più impressione, milioni di scarpe ormai dismesse . Talvolta sformate, altre volte nuove, simili ai modelli adesso di moda, quasi a ricordarci che il passato non è tanto lontano dal presente.

A10
Non puoi visitare Birkenau e Auschwitz senza provare vergogna per un peccato originale  di cui fai parte anche tu, che non eri neppure nata in quei giorni, e che è stato quello di appartenere a una razza umana capace di cancellare sistematicamente l’umanità, per motivi futili e abietti .

A21

E passi in silenzio tra le baracche e gli edifici tenendo impresso nella tua mente tra le lacrime i visi dei milioni di persone che hai visitato sfilando nei corridoi pieni di foto:da un lato le donne l’altro gli uomini. Fotografie colte al momento dell’arrivo nei campi di sterminio, istantanee di giovinette graziose che sorridono ai propri carnefici , ritratti di uomini pensosi,  vecchi o giovani dall’aria sfrontata. Tutti ignari all’inizio del proprio destino, giunti carichi di masserizie,  che sarebbero state tolte loro immediatamente appena il treno si sarebbe fermato al chilometro zero,  perduto per sempre nei campi di Birkenau.

A 35

E si esce dalla visita carichi di dolore, pieni di domande. Perchè sai che la storia non si è fermata a questo enorme errore, che l’essere umano non si è redento dopo la Shoah, che migliaia di sterminii sono stati commessi prima e dopo e che il tuo dovere di essere appartenente all’unica razza esistente, quella umana,  è testimoniare contro l’orrore, anche nel tuo piccolo mondo, anche solo nella tua cerchia.

Perchè nessuno esce da quei cancelli senza esserne cambiato per sempre e senza piangere di dolore e di vergogna per quello che fu, per quello che non avrebbe dovuto essere, per quello non deve accadere mai più.

(foto scattate ad agosto 2017 nei campi di Birkenau ed Auschwitz, vicino Cracovia)

La Domus Aurea di Nerone

10 Giu

IMG-20150607-WA0020Ho visitato di recente la Domus Aurea, riaperta da qualche tempo al pubblico e restaurata. Durante la visita guidata ho appreso molte interessanti notizie.

Costruita in mattoni e in pietra e nei pochi anni tra l’incendio e la morte di Nerone nel 68, gli estesi rivestimenti in oro colato che le diedero il suo nome non erano gli unici elementi stravaganti dell’arredamento: vi erano soffitti stuccati incrostati di pietre semi-preziose e lamine d’avorio. Plinio il Vecchio assistette alla sua costruzione.

La residenza dell’imperatore Nerone giunse a comprendere il Palatino, le pendici dell’Esquilino (Oppio) e parte del Celio, per un’estensione di circa 250 ettari. La maggior parte della superficie era occupata da giardini, con padiglioni per feste o di soggiorno. Al centro dei giardini, che comprendevano boschi e vigne, nella piccola valle tra i tre colli, esisteva un laghetto, in parte artificiale, sul sito del quale sorse più tardi il Colosseo.

IMG-20150607-WA0025

Nerone commissionò anche una colossale statua in bronzo di 35 metri raffigurante se stesso, vestito con l’abito del dio-sole romano Apollo, il Colossus Neronis, che fu posto di fronte all’entrata principale del palazzo sul Palatino. Il colosso fu successivamente riadattato con le teste di vari successivi imperatori, prima che Adriano lo spostasse per far posto al tempio di Venere e Roma e l’Anfiteatro Flavio prese quindi il nome di Colosseo nel Medio Evo, proprio da questa statua. La vera residenza di Nerone rimase comunque nei palazzi imperiali del Palatino.

Dopo l’incendio del 64 d.C., che distrusse gran parte del centro di Roma, l’imperatore Nerone si fece costruire una nuova residenza con le pareti ricoperte di marmi pregiati e le volte decorate d’oro e di pietre preziose, tanto da meritare il nome di Domus Aurea. Venne progettata dagli architetti Severo e Celere e decorata dal pittore Fabullo. L’enorme complesso comprendeva sconfinati vigneti, pascoli e boschi, un lago artificiale, tesori saccheggiati nelle città d’Oriente e preziosi ornamenti, fra i quali una colossale statua dell’imperatore nelle vesti del dio Sole.

Alla morte di Nerone i suoi successori cercarono di seppellire e cancellare ogni traccia del palazzo. I lussuosi saloni furono spogliati dei rivestimenti e delle sculture e riempiti di terra fino alle volte e sopra furono costruite le grandi terme di Tito e di Traiano. Nella valle sottostante fu edificato il Colosseo. Le fastose decorazioni a fresco e a stucco della Domus Aurea rimasero nascoste fino al Rinascimento.

Allora alcuni artisti appassionati di antichità, tra cui Pinturicchio, Ghirlandaio, Raffaello, Giovanni da Udine e Giulio Romano, calandosi dall’alto in quelle che loro pensavano fossero delle grotte, iniziarono a copiare i motivi decorativi delle volte. Per questo le decorazioni furono chiamate “grottesche”. Con la riscoperta iniziarono i problemi della conservazione delle pitture e degli stucchi, che sbiadirono velocemente a causa dell’umidità e finirono per essere dimenticati.

20150607_133252

Solo dopo i ritrovamenti degli affreschi di Pompei gli studiosi si interessarono di nuovo alle grottesche romane e nel 1772 furono ripresi gli scavi nella Domus Aurea.

La visita si effettua per gruppi di massimo 30 persone, guidate da un archeologo ed è obbligatorio munirsi di casco protettivo, dato che la volta trasuda acqua.  Infatti il monumento continua a soffrire di una situazione a rischio, dovuta al traffico, alle radici degli alberi del giardino  soprastante, il Celio, e ad altri problemi riguardanti l’area, che impediscono di proseguire lo scavo e l’esplorazione. Ciononostante è un itinerario suggestivo e bellissimo, che consiglio a chi vuole visitare Roma e le sue bellezze!

20150607_133423

Unioni civili e pari diritto all’amore: l’amore conta

7 Giu

10 anni fa per la prima volta visitai Madrid, una delle mie città preferite da allora in poi.

Era da poco stato eletto Zapatero e in città si respirava un’aria di speranza, di fiducia nel cambiamento.

Da pochi giorni era stata varata la legge sulle unioni civili.

L’hotel assegnatomi dall’agenzia turistica era a pochi passi dalla Gran Via, l’arteria principale che attraversa tutto il centro, e il quartiere in cui si trovava era il Checua, che scoprii essere noto come il quartiere gay.

Camminando per le strade con mia figlia, all’epoca scolaretta delle scuole medie,  incontravamo spesso coppie dello stesso sesso che si tenevano per mano, ridevano abbracciate, sorridevano spensierate senza dover più nascondere al mondo i loro sentimenti.

Certo, disseminati per le stradine c’erano anche locali che annunciavano strip tease e peep show maschili, quelli non li abbiamo visitati quindi non saprei dirvi, mentre rimasi colpita da come mia figlia assorbisse con naturalezza e tranquillità scene normali di esternazione dei sentimenti cui non eravamo abituate nel nostro Paese.

Anni dopo, il migliore amico di mia figlia, un quasi fratello con cui è cresciuta insieme e con cui ha condiviso tutti gli ordini e gradi di scuole fino al liceo – solo all’università hanno seguito scelte diverse – ha dichiarato il suo orientamento sessuale e ha presentato a familiari e parenti il suo fidanzato. Un bravo ragazzo, studente come lui e sempre sorridente, dolce e affettuoso.

Anche in questo caso, ogni volta che li vedo insieme (peraltro escono spesso con mia figlia e il suo ragazzo)  ritrovo quella spontaneità e naturalezza incontrata anni prima a Madrid. In quella città sono tornata più volte e l’ho vista abituarsi alle unioni civili, ora nemmeno più mostrate così in pubblico, perchè come assorbite dalla coscienza collettiva, sdoganate, diremmo noi italiani che abbiamo un talento nell’inventare neologismi.

Ho anche  visto la Spagna piegarsi e poi lentamente risollevarsi in seguito all’attentato di Atocha, alla crisi economica, ai cambiamenti politici conseguenti, ma questo è un altro argomento di cui magari parlerò in un altro post.

La conclusione del mio intervento è semplice, lineare come un sillogismo dettato dal rasoio di Occam. Se più o meno in tutti gli Stati dell’Unione Europea esistono leggi che tutelano le unioni tra coppie gay, perchè nel nostro il varo di una normativa similare a livello nazionale stenta a decollare? Esistono attualmente solo delibere di singoli comuni, su registri civili, tra cui Roma.

Si tratterebbe di un passo avanti di significativa civiltà e di raggiungimento di pari opportunità, che il Paese che  un tempo menava vanto di essere culla del diritto romano e dell’innovazione giuridica coraggiosa dovrebbe ormai compiere.

Lasciando a tutti la libertà di scegliere, di essere, di poter essere se stessi. Senza polemiche, ostentazioni, finzioni, prevaricazioni.

Pensando solo che esiste il diritto all’amore.

Perché, per citare il Liga, l’amore conta . Ed è universale, trasversale, sempre uguale, per tutti.

Praga tra sogno e realtà

7 Set

20140817_134236

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Settembre, è tempo di transumanza, diceva il poeta

Per noi abitanti e lavoratori di città, è tempo in cui si migra dalle vacanze al luogo di lavoro, con un pensiero malinconico ai posti da poco visitati e lasciati con rimpianto.

Per me  ad agosto è stata la mia prima volta a Praga.

20140817_134114

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La torre dell’orologio astronomico

 

Praga è una città in cui storia e leggenda sono destinate ad incrociarsi ad ogni angolo.

Esistono tanti aneddoti misteriosi che contribuiscono a renderla ancora più affascinante.

Capitale cinquecentesca   del regno asburgico e ritrovo di alchimisti, patria del rabbino Loewi e del mitico Golem eroe del ghetto, città natale di Franz Kafka e sormontata dal Castello, le cui mura furono immortalate dallo scrittore nell’omonimo romanzo, patria di defenestratori ma anche di eroi civili come Jan Palach e Jan Zajic, suicidi nel 1969 in piazza S. Venceslao per protesta contro la repressione della Primavera di Praga.

praga-di-notte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Praga di notte, veduta del castello

Mi è piaciuta perchè si può girare a piedi e raggiungere ogni posto del centro in pochi minuti, mi hanno intrigato i suoi angoli, architettonicamente sempre diversi, le sue case da bambola. Il cimitero ebraico con le migliaia di lapidi ammassate une sulle altre costituisce un luogo di enorme suggestione, le sinagoghe sono un monito eterno contro l’intolleranza. Il Castello domina la città con la sua mole e l’imponenza della Chiesa di S. Vito, il ponte Carlo attraversa la Moldava con passo placido e raffinato, e sotto di esso si stende la piccola isola di Kampa, ritrovo di pub e birrerie. La torre delle polveri, il Rudoplhinum, l’orologio astronomico, persino il muro moderno dedicato a John Lennon.

20140817_152035

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Cimitero ebraico di Praga

E’ stato bello potersi permettere, anche a causa di un cambio favorevolissimo nonostante i prezzi turistici, di assistere ad un concerto di musica classica  quasi ogni sera dei giorni della mia permanenza lì. Di assaggiare la cucina locale, frequentare le piccole pasticcerie eleganti e fragranti di spezie, bere la birra nazionale, leggerissima e sobria, conoscere i suoi abitanti, sempre pronti ad accorrere in soccorso e chiedere se potevano essere d’aiuto a quella turista un po’ affannata con le mappe. Questa notevole gentilezza degli abitanti – e vi assicuro, a noi italiani è sconosciuta e inusitata (nessuno di noi se vede che dei turisti sono quasi pronti ad attraversare sulle strisce rallenta 50 metri prima per agevolare l’intenzione, anche a semaforo pedonale rosso) è una cosa che mi colpì anche 3 anni fa a Bratislava e che, nonostante la divisione geopolitica, evidentemente è matrice comune dei fratelli della Repubblica Ceca.


20140819_101523

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pasticceria tipica

Si avverte una nota di fondo però sempre malinconica e triste, in questa capitale mitteleuropea, come se fosse perennemente intrisa in una sorta di languore, di ennui, di spleen. Saranno le nebbie che anche in estate avvolgono i ponti, la tristezza avita del ghetto ebraico, nonostante ora sia uno dei quartieri più eleganti della città, quel senso di precarietà e di arbitrio dell’ esistenza che nei suoi scritti Kafka ha trasmesso. Forse anche per questo Praga resta un luogo affascinante, che ti cattura, ma che non si fa incasellare in una categoria predefinita, lasciando permanere il senso del mistero e dell’ineffabilità. La matrice della vita, in fondo.

20140817_141941

 

 

 

 

la piazza dedicata a Franz Kafka e la sua abitazione

 

 

 

Un caro saluto dal vostro angelo della città, ancora col il cuore affacciato sulla Moldavia 😉

 

20140817_112058

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ponte Carlo, perennemente in preda del vento

L’incanto sempiterno della Grecia

9 Ago

20140724_104607 20140724_104910

 

 

 

 

 

 

 

 

Erano tre anni che non tornavo in Grecia e quest’anno non ho resistito al richiamo delle “sacre sponde”. 

Luoghi incantevoli, baciati dal mare e da un’aura di millenaria saggezza che ti impregna totalmente.

Atene e Santorini sono luoghi di incantevole bellezza.

E rispetto alla volta scorsa, ho trovato il paese meno povero, meno disperato, in lieve ripresa economica: non c’erano più quelle case rotte, anche in centro di Atene, quei segnali di preoccupazione e di insofferenza acuta della popolazione e dei commercianti verso la classe politica e il paese che tre anni fa erano endemici.

Lascio spazio alle foto senza altri commenti, e posto una poesia di Soririos Pastakas, poeta greco contemporaneo, su questo paeseaffascinante.

A tutti voi un augurio di buona estate dal vostro angelo Harielle 🙂

20140723_114321

20140723_114448

 

 

 

 

 

 

 

 

Grecia papàki

 

La   Grecia viaggia a quaranta all’ora

come un   papàki sul lungomare.

La   massima velocità possibile

coincide   con la possibilità

dello   sguardo innamorato:

di   registrare, di saziarsi,

di   ricordare. La luce nelle minime

sue inclinazioni,   l’ondeggiare

del   mare, la direzione del vento.

 

La   Grecia e il suo passeggero

che la   abbraccia, chiudono

gli   occhi insieme:

non   saprà mai che cosa fosse

lui   per lei, nemmeno lei

tutto   quello che le deve.

 

Grazie   alle basse velocità

la   Grecia è il solo paese

dove   il tramonto

verso   Sùnio, o al ritorno,

può   durare una vita intera.

 

SOTIRIOS PASTAKAS

20140722_173404

Solstizio d’estate: la meridiana di S- Maria degli Angeli

23 Giu

Qui mi fermo, dove inizia l’estate:
già domani la luce sarà breve
la notte riprenderà ad espandersi
meno remote saranno le stelle.

Come un fuggiasco riparo tra i boschi –
non oltrepasso la linea tra l’oggi e il domani.

versi di Roberto Maggiani

Assistere alla comparsa della luce del solstizio sulla meridiana della basilica di S. Maria degli Angeli di Roma è stata un’emozione : dal nulla si è materializzata una sfera di luce che piano piano è arrivata a poggiarsi sul simbolo della costellazione del Cancro….e il pensiero va con ammirazione ai nostri antenati così pieni di inventiva…

Buon principio di estate, amici di blog

K. e lo yoga della risata

7 Mag

Mia sorella Katerina è leader dello yoga della risata e qualche tempo fa mi ha voluto “trascinare” in una sessione di questa nuova ed emergente disciplina.

Lo Yoga della Risata (Hasyayoga), è una forma di yoga che fa uso della risata autoindotta.

La risata è un fenomeno naturale, e non necessariamente implica la comicità o la commedia. Da un’idea del medico indiano di Mumbay, il dottor Madan Kataria, ha avuto origine il primo Club della Risata, in un parco pubblico, il 13 marzo 1995, con un minuscolo gruppo di membri attivi. Oggi si contano oltre 6000 Club in 60 paesi circa che fanno di questa forma di yoga un fenomeno di portata mondiale.

Le sessioni di Yoga della Risata iniziano con semplici esercizi di riscaldamento, che comprendono stretching, vocalizzazioni, battito delle mani e movimenti del corpo. Tutto ciò aiuta a far cadere le inibizioni e a sviluppare sentimenti di giocosità. Gli esercizi di respirazione si usano per preparare i polmoni alla risata; sono poi seguiti da una serie di “esercizi di risate”, che combinano elementi di teatro (azione sostenuta da tecniche di visualizzazione) con la giocosità.

Questi esercizi, quando si combinano con le dinamiche di gruppo, portano a una risata incondizionata, prolungata e sostenuta. Gli esercizi di risate sono intervallati dagli esercizi di respirazione. Venti minuti di risate sono sufficienti per sviluppare benefici fisiologici importanti.Aumento delle endorfine in circolazione, stabilizzazione della pressione, senso di serenità generale.

I risultati su di me? Beh, vi dico che all’inizio sarebbe stato più facile chiedermi di spogliarmi in pubblico. Ridere davanti a sconosciuti e all’inizio senza motivo è peggio che togliersi un indumento, siamo più abituati a questo che alla risata. Paura del ridicolo, paura di relazionarsi ci ostacolano nel liberarci dalle emozioni…ma poi…

Poi, contagiata dalle ondate di risate collettive, mi sono lasciata andare. Non senza ammirare orgogliosamente la bravura della mia “sorellina” e dell’allegria contagiosa che è riuscita a creare intorno a sè. E con gioia mi sono abbandonata ad una risata allegra, gioiosa, spensierata..hahaha hohoho, come si dice nella specialità indiana 🙂

 

3b1c2-logo

Questi fiori, questi sogni : poesia finlandese

6 Mag

Dandelion Pictures, Images and Photos

  Nel cuore del dente di leone

c’è una cellula di pietra

il vento parla, i sogni sono sugli alberi.


334 Pictures, Images and Photos

 

Ancora tanto da creare 
prima che si trasformino in pietra
questi fiori,questi sogni,questa lingua,
e il mio volto nella lingua
 

TOMI KONTIO

poeta finlandese, romantico suburbano

Dandelion Pictures, Images and Photos

GRAZIE AL MIO AMICO JAAKKO PER LA POESIA 

 TESTO ORIGINALE PER CHI CONOSCE IL FINLANDESE (NON IO, CHE NON SONO MAI RIUSCITA AD ANDARE OLTRE IL TERVE, CHE SIGNIFICA CIAO)

Per la giornata della Terra

22 Apr

Da tempo sono convinta che siamo un unico complesso vivente, un grande giardino di piante e di animali, in cui la Terra è un organismo che ci ospita e che ci nutre. Gli indios la chiamano la Pachamama. La Pachamama è la madre di tutte le creature viventi, è nostra madre, noi siamo suoi figli; dobbiamo amarla, volerle bene, rispettarla. Perciò dobbiamo conoscerla e ascoltarne la voce. E ringraziarla.

Sono la Terra:

suolo di rocce e di cristalli,

brezza che forgia le colline,

immensi oscuri oceani,

pioggia che stilla

gocce d’argento dal suolo alle fonti

per calmar la tua sete.

 

Sono la cima che ti sfida con le sue fiere vette

e che ti rende dolce il ritornare a casa,

sono il mare rigonfio d’onde

 e di quesiti senza risposta.

 

Sono la Terra,

 la notte delle veglie sensuali e dei neonati affamati,

lo stupore dell’aurora rosata,

 il vento iemale delle fredde stagioni,

la foga della tempesta e del ciclone.

 

Sono la Madre di cui invochi il nome

cercandolo nelle memorie di una trama antica:

una donna di rara bellezza

generata da un mare sapiente,

un bambino dall’amore illimitato

venuto a salvare il mondo,

un uomo dall’anima grande

che parla di pace,

 

tutti  sulle mie sponde nati

e al grembo ritornati

dopo un giro di danza nei giardini,

cercando di squarciare il velo

che tace il segreto, oltrepassando la soglia del sogno: 

io sono la Terra.

 

 HARIELLE 

 poesia prima classificata al concorso letterario

“Sempre Caro” 2010 di Recanati

sezione tema ecologico

dipinti di Frida Khalo dalla mostra di Roma attualmente alle Scuderie del Quirinale

Ma non c’è carezza che non giunga fino all’anima

21 Apr

 

citazioni tratte da Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano

Immagini della villa di Adriano a Tivoli in un lunedì dell’Angelo 

L’anima non è dunque che l’espressione suprema del corpo,

fragile manifestazione della pena e del piacere di vivere?

O, al contrario, è più antica di questo corpo modellato a sua immagine,

e che, bene o male, le serve momentaneamente di strumento?

La si può richiamare all’interno della carne,

si può ristabilire tra l’una e l’altra quell’intimo legame,

quella combustione che chiamiamo vita?

 

 

Se le anime possiedono una loro identità propria,

possono scambiarsi, andare da un essere a un altro, 

come la parte d’un frutto,

come un sorso di vino che due amanti si passano in un bacio? 


Tutte le metafore ritrovavano un senso: ho tenuto quel cuore tra le mani (per la morte di Antinoo)

E non c’è carezza che non giunga fino all’anima.

l’anima…

 

Animula vagula blandula…

piccola anima smarrita e soave

compagna e ospite del corpo

ora t’appresti a scendere in luoghi incolori,

ardui e spogli

ove non avrai più gli svaghi consueti .

un istante ancora

guardiamo insieme le rive familiari

le cose che certamente non vedremo mai più…

cerchiamo d’entrare nella morte a occhi aperti…

Publio Elio Traiano Adriano

 

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: